“Il baskin, una cavalcata inclusiva e vincente”

di VIOLA OPPI – Fausto Capellini, per tanti anni docente di educazione fisica e allenatore del settore giovanile della Cremonese. è una delle anime del Baskin. La 4A Sportivo lo ha incontrato nell’ambito di un ciclo di incontri organizzati dal dipartimento di Scienze Motorie con personaggi dello sport nazionale e locale. Capellini ha condiviso con gli studenti la sua esperienza, raccontando di come abbia intrapreso la strada del Baskin e invitandoli ad avvicinarsi a questo sport. Un incontro, un’opportunità che ha molto arricchito i ragazzi sul piano umano e sportivo.

Fausto Capellini, ideatore del Baskin (dal suo profilo Facebook)

Come, quando e con chi è nata l’idea del basket integrato? Quanto è durata l’incubazione di questa  idea così rivoluzionaria?

L’idea del Baskin, che baskin ancora non era, è nata in modo casuale. Un incontro con un genitore che aveva una figlia disabile ha messo in moto un’idea che pian piano si è sviluppata fino a concretizzarsi. Determinante è stata la possibilità di organizzare incontri pomeridiani a cui partecipavano ragazzi disabili ed altri normodotati. Questo percorso, nel tempo, è stato sempre in evoluzione per andare incontro alle esigenze di tutti i partecipanti. È così che è nato il Baskin inteso come basket integrato, per raggiungere un’inclusione totale affinché chiunque volesse partecipare al gioco avesse un ruolo da protagonista. Pian piano abbiamo stabilito delle regole che rendessero il gioco di squadra adatto a tutti e attraverso il quale ognuno potesse dare il meglio di sè. L’idea di un gioco di squadra inclusivo è stata vincente.

Quali sono state le emozioni provate quando il progetto,  da idea, è diventato realtà? 

Non è stato qualcosa di immediato, ma un percorso costruito e condiviso nel tempo con altre persone . Tutti abbiamo fatto confluire le nostre idee verso un progetto comune con uno scopo preciso: l’inclusività.

Ci può elencare tre aggettivi con i quali vuole definire il Baskin?

Credo che il Baskin sia uno sport universale, democratico e divertente. Sono tre aggettivi che lo rispecchiano perfettamente .

Quali sono gli aspetti umani e relazionali che emergono praticando questo sport? 

La prima cosa a cui penso è il processo di socializzazione tra i ragazzi. Non meno importanti sono l’incremento della loro affettività, lo sforzo per contribuire nel gioco di squadra, il  prendere coscienza della forza interiore di ognuno, il piacere della collaborazione dalla quale non si può prescindere. Nessuno di noi è nato per stare da solo. Il piacere di migliorare se stessi sotto tutti gli aspetti porta alla sana competizione che si basa sull’etica sportiva. Tutto questo è indirizzato verso la fiducia nell’altro.

Nel Baskin le abilità e le potenzialità di ognuno concorrono alla realizzazione del risultato: cosa prova quando vede che questo connubio si realizza? 

Era necessario creare un equilibrio e abbiamo fatto in modo che le competenze di ognuno si realizzassero. È  stata una grande soddisfazione constatare che attraverso il Baskin tutti i ragazzi avessero le stesse opportunità e dimostrassero le stesse competenze favorevoli per il raggiungimento del risultato finale.

Vivere questa esperienza  quali  ricadute, immediate o a lungo termine, ha avuto nella sua vita e soprattutto in quella di chi lo pratica?

Vivendo questa esperienza ho cominciato a stare meglio. Prima del Baskin lo sport per me era lavoro, una fonte di guadagno: ora ho la possibilità di dare me stesso perché vedere la felicità negli occhi degli altri mi ha reso felice. Vedere vivere una vita sociale a dei ragazzi che quasi sicuramente sarebbero stati chiusi in casa mi arricchisce umanamente. Inoltre ho avuto l’opportunità di migliorarmi: la riflessione mi ha indotto a capire che si può rendere felici gli altri anche passando dall’eccellenza alle fragilità dell’individuo.

C’è un evento o un aneddoto legato al Baskin che ricorda in modo particolare e vuole raccontare?

Fra tanti ricordi ne scelgo uno in particolare: la richiesta dell’università di Roma di presentare il Baskin. Noi andammo in camper e ci divertimmo, ma la cosa bella fu che, una volta là, tutte le persone mostrarono un grande interesse, soprattutto i tecnici provenienti da varie regioni d’Italia. E alla fine della nostra presentazione nessuno voleva andar via dal campo, ma rimanere lì per farci domande su questo nuovo sporto! Dal 2001 al 2021 i dati sono cambiati:  si è passati da 10 ragazzi in palestra a 15 regioni praticanti,120 squadre e 15 campionati!

Dopo anni di impegno e sviluppo di questo sport,  è possibile fare un’analisi complessiva. Potrebbe elencare i punti di forza e le criticità legate alla disciplina?

La criticità sta nello sport applicato a livello agonistico. Il Baskin è organizzato per ruoli, le due squadre devono confrontarsi con gli stessi numeri e quindi i ragazzi a seconda delle loro competenze vengono inseriti con gli stessi compiti. Questa criticità può migliorare in base alla nostra etica e al buon senso. Occorre perciò fare dei test in modo da abilitare un giocatore al ruolo che più gli è congeniale.  Il gioco del Baskin, non bisogna mai dimenticare, è uno sport finalizzato all’inclusività.

*tutte le foto dell’articolo sono tratte dal profilo Facebook del Baskin

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