Le luci dei “Giusti” che risplendono per noi

di MATTEO BOVARINI – Anche nei capitoli più bui della storia ci sono delle luci che risplendono. L’ho imparato circa sei anni fa, durante un viaggio in Palestina in cui sono stato profondamente coinvolto dalle storie dei “Giusti tra le nazioni”. Testimonianze esemplari al cui ricordo è stata dedicata la ricorrenza del 6 marzo di ogni anno come solennità civile in cui viene celebrata la “Giornata dei Giusti dell’umanità”, riconosciuta dal Parlamento italiano, con la legge n. 212 del 20 dicembre 2017. La data del 6 marzo è stata scelta già nel 2012 dal Parlamento Europeo, perché coincide con il giorno in cui è scomparso Moshe Bejski, l’uomo che ha animato il Giardino dei Giusti dello Yad Vashem (Ente Nazionale per la Memoria della Shoah) in Israele. 

Questa particolare onorificenza di “Giusti” è stata istituita a ricordo di tutti coloro che durante i genocidi e i totalitarismi, nelle persecuzioni in tutto il mondo, hanno cercato di difendere la dignità e i diritti umani. Più in particolare il titolo, che nasce dalla definizione elaborata dallo Yad Vashem di “Giusto fra le nazioni”, è stato adottato per la prima volta nel secondo dopoguerra per indicare tutti quegli uomini non-ebrei che mostrarono un incondizionato impegno e coraggio nel proteggere dallo sterminio la vita, fosse anche soltanto quella di un singolo ebreo. Giusti non sono le vittime o i perseguitati, bensì coloro che agiscono per salvarli.

Il termine deriva dal Talmud (il testo classico dell’ebraismo, secondo per importanza solo alla Torah) in cui si legge: “Esiste un dovere universale di giustizia che chiama tutti gli uomini, appartenenti a tutte le nazioni del mondo, a compiere azioni che possano portare a salvare vite umane, anche una sola, perché: chi salva una vita umana salva un mondo intero”.

Molti dei Giusti sono nomi conosciuti: Giovanni XXIII che, quando era ancora Monsignore, ad Istanbul, salvò migliaia di bambini diretti ai forni crematori; Oskar Schindler, il protagonista del film Schindler’s list e Wilm Hosenfeld, il militare tedesco che salvò l’ebreo protagonista del film “Il pianista”. Allo stesso tempo, però, altrettanto numerose sono tutte quelle persone comuni, spesso dimenticate dalla storia, che nel loro piccolo hanno rischiato la propria vita per salvare quella di altri. Se è vero che ricordare in questi casi è fondamentale, figure di quotidiano eroismo come quelle dei Giusti, che ci insegnano che nulla è predestinato ma che le scelte individuali possono cambiare la direzione della Storia, non devono andare perdute. Proprio con questo obiettivo, infatti, nel 1953 il Parlamento Israeliano ha deliberato la fondazione di un memoriale per il ricordo delle vittime della Shoah, il già menzionato “Yad Vashem” (dall’ebraico “un luogo ed un nome”), circondato da un immenso giardino che è diventato il primo giardino dei Giusti del mondo e, insieme, il luogo per eccellenza per preservare la memoria delle loro azioni positive e salvifiche.

Gino Bartali

Una pianta di carrubo per ogni Giusto, questo è lo schema elaborato dalla Commissione, originariamente presieduta da Moshe Bejski (salvato da Oskar Schindler), che dal 1963 si occupa della ricerca di tutte queste persone semplici, ma allo stesso tempo straordinarie. Quando è stato creato il giardino, all’inizio degli anni ‘60, si trattava solo di un semplice viale, ma col tempo sono emerse nuove storie, rimaste fino ad allora nell’ombra, che hanno portato a un totale di circa 26mila nomi, divisi fra 44 nazioni, tra cui ben 671 italiani. Di questi ricordiamo in particolare Giorgio Perlasca e Gino Bartali. Il primo era un commerciante padovano, che ha contribuito a salvare numerosissimi ebrei a Budapest spacciandosi per un diplomatico spagnolo. Sulla sua storia il giornalista Enrico Deaglio ha scritto il libro “La banalità del bene”, da cui poi è stato tratto il film “Perlasca – Un eroe italiano”. Il secondo, invece, ciclista professionista che per allenarsi copriva grandi distanze, trasportava documenti falsi nel manubrio e nella sella della sua bicicletta e poi li consegnava alle famiglie dei perseguitati tra Firenze e Assisi. Quando veniva fermato e perquisito, Bartali chiedeva espressamente che la bicicletta non venisse toccata, spiegando che le diverse parti del mezzo erano state attentamente calibrate per ottenere la massima velocità. In questo modo il grande campione ha salvato la vita a quasi mille ebrei nell’arco dell’intero periodo della guerra.

Ricordo la spensieratezza e la sana ingenuità con cui ho cercato ognuno di loro nel profondo silenzio del Giardino dei giusti a Gerusalemme. Passare dall’aria solenne e tragica di ambienti come la “Tenda del Ricordo”, la Sala dei Nomi, il Memoriale dei Bambini, a passeggiare da solo tra gli alberi e i pensieri è stato come entrare in un luogo, sospeso nello spazio e nel tempo, in cui si può percepire il vero respiro della storia. È inevitabile di fronte a quei volti, a uomini che hanno saputo essere grandi nella loro umiltà, non provare un senso di riconoscenza perché, come direbbe la scrittrice inglese George Eliot “se le cose non vanno così male per te e per me, come avrebbe potuto essere, si deve in parte al numero di persone che vissero fedelmente una vita anonima, e riposano in tombe spesso dimenticate”.

APPROFONDIRE, CAPIRE E FARSI UN’IDEA

YAD VASHEM – Sito ufficiale

IL GIARDINO DEI GIUSTI DI MILANO

GIORGIO PERLASCA.IT

RAIPLAY – GINO BARTALI, IL GIUSTO NAZIONALE

2 Comments on "Le luci dei “Giusti” che risplendono per noi"

  1. Giovanna Bassanetti | 08/03/2021 at 9:47 am | Rispondi

    Complimenti a tutta la redazione: è sempre interessante e piacevole leggere le riflessioni proposte. Bravi davvero!

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