Ciro per sempre. Mai più Ciro

di ALESSIO PERODI – Il 7 giugno 2016 sembrava una giornata come tante, una di quelle che tutti noi ragazzi conosciamo molto bene, passata sul divano a guardare il telefono. Il cellulare di Ciro Colonna però non ha collaborato al programma della giornata e quando ha smesso di funzionare lo ha convinto a raggiungere un’amica al circolo sotto casa. Prima di uscire però, ricorda la sorella Mary, Ciro ha dato un bacio a sua madre: un gesto silenzioso, ma allo stesso tempo estremamente loquace. Sua sorella non sapeva che quel gesto sarebbe stato l’ultimo ricordo del fratello. Ciro Colonna infatti, il 7 giugno 2016, fu raggiunto al petto da un proiettile, partito dalla pistola di un perfetto sconosciuto che si era spaventato per un paio di occhiali. Quegli occhiali che contraddistinguevano il viso solare di Ciro erano infatti caduti per terra dopo gli spari che avevano ucciso il vero obiettivo di quell’agguato, Raffaele Cepparulo, capo di un clan camorrista. Ciro ha fatto quello che tutti noi avremmo fatto, ha provato a raccogliere i suoi occhiali, e per questo è stato ucciso, perché l’assassino credeva stesse raccogliendo un’arma. Ma Ciro un’arma non l’aveva mai tenuta in mano e mai l’avrebbe tenuta.

La disgrazia di Ciro però non terminò con la sua morte. La sua presenza nel locale dove stava giocando a biliardino, fece sì che alcuni non pensassero inizialmente ad una totale estraneità dall’agguato: si trattava di un circolo di proprietà di un camorrista, ma era anche l’unico punto di aggregazione per i ragazzi del Lotto O. Questa idea che dilagò per colpa di alcune testate giornalistiche, gravò ulteriormente sul dolore di coloro che già stavano piangendo la sua scomparsa. Fortunatamente però la giustizia fece il suo corso, dimostrando l’assoluta innocenza di Ciro e condannando severamente i suoi assassini. Mary Colonna ancora oggi, a distanza di quasi 5 anni, non è riuscita a perdonarli, anche se ci sta provando, scorgendo in loro i tratti di quella società malata che li ha portati a compiere quell’atto crudele. Gli assassini di Ciro sono infatti quasi coetanei della sorella, il che è un’indicazione della gravità della situazione. Ragazzi poco più che ventenni, che non corrispondono all’idea di malvagità che ci suggerisce la ragione, ma che anzi sono animati da una banalità, la Banalità del male, descritta nell’omonimo libro di Hannah Arendt.

Aveva voglia di vivere, gliel’hanno tolta”, le parole icastiche con le quali Mary ricorda il suo “fratellino”, il cocco di casa che sognava di lasciare Napoli per aprire un bar a Cuba. Un sogno più che comprensibile per un ragazzo di soli 19 anni, che si dava da fare frequentando ragioneria e che amava il calcio e la squadra della sua città. Il suo sogno però non si è realizzato, non si realizzerà perché è stato ucciso “per errore”.

La tragica morte di Ciro Colonna ha lasciato un vuoto non solo nella sua famiglia, in papà Enrico e in mamma Adelaide, ma anche all’interno dell’intera comunità, formata principalmente dai suoi amici, ai quali mancherà per sempre. Ponticelli infatti non si è tirata indietro di fronte alla sfida della giustizia ed ha risposto ”presente” quando una settimana dopo la morte del ragazzo si è svolta la marcia in onore delle vittime innocenti di mafia, resa possibile dall’incontro proficuo tra Mary e Pasquale Leone, volontario di Libera Contro le Mafie. La marcia era stata originariamente organizzata per onorare le 4 vittime della strage avvenuta sempre a Ponticelli l’11 novembre 1989 (Gaetano De Cicco, Salvatore Benaglia, Domenico Guarracino e Gaetano Di Nocera), ma in poco tempo sulle labbra dei partecipanti si è aggiunto il nome di Ciro. “Prima che succedesse la sua vicenda – racconta Mary – non conoscevo questa realtà, nella quale sono entrata purtroppo da vittima. Avrei preferito entrarci diversamente, magari da volontaria”. La realtà di cui parla è proprio quella di Libera, che svolge un ruolo da protagonista nella lotta contro le mafie. È dell’associazione infatti il merito della riqualificazione dell’ex scuola di via Curzio Malaparte a Ponticelli, trasformata in un centro polifunzionale intitolato a Ciro Colonna.

Questa struttura rappresenta il baluardo della lotta alle mafie, al suo interno i volontari ambiscono a far “crescere insieme” i ragazzi della comunità, grazie alla riqualificazione degli spazi ricreativi, all’organizzazione di serate tematiche, ma soprattutto alla creazione di una “memoria condivisa”. Secondo Pasquale Leone infatti, dal ricordo delle vittime innocenti di mafia può scaturire solo da un senso di appartenenza unificatore, che dopo il ’92 si è identificato nelle figure di Falcone e Borsellino, ma che non può escludere gli altri caduti per mano della criminalità organizata. La famiglia di Ciro sta partecipando attivamente a questa “costruzione”, contribuendo alla vita comunitaria del rione, ma ciò è possibile solo grazie ad una faticosa accettazione del lutto, che sfortunatamente non giungerà mai veramente al termine.

La nostra generazione è già la seconda che non ha sperimentato sulla propria pelle la violenza della guerra che ha invece toccato la stragrande maggioranza dell’umanità. Il fatto di aver appreso a scuola l’esistenza dei campi di concentramento e di sterminio, del genocidio e della tortura, dell’uccisione in massa dei civili nei conflitti non ci ha comunque insegnato, per fortuna, a rimanere indifferenti di fronte alla violenza e alle ingiustizie. Troppo spesso si auspica una società migliore, priva di qualunque vessazione, ma arriverà mai l’ultimo oppressore? L’ultimo oppresso? L’ultimo violento? L’ultima vittima? L’ultimo Ciro Colonna?

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