Diario di una canzone

di MATTEO BOVARINI – Quando il prof Pavesi mi ha chiesto di raccontare, in una sorta di diario, la nascita della mia canzone “Angolo di Paradiso” sono rimasto un po’ spiazzato. È una sensazione strana dover parlare, per la prima volta, di sé in prima persona e di un processo creativo, spesso intimo, come quello della genesi di un brano; tuttavia, mi è sempre piaciuto mettermi in gioco, sfidarmi e non mi sono tirato indietro.

Affinché una canzone nasca si deve avere qualcosa da dire. Sembrerà un’affermazione banale, ma è così: si può anche essere il miglior paroliere, ma se non si ha una storia chiara da raccontare tutto resta sfumato e ci si riduce a fissare uno strumento per ore senza creare niente. Ho iniziato a scrivere i primi testi, o meglio le prime frasi sconclusionate, sui libri di scuola durante i cambi d’ora all’inizio del liceo. Sono passati mesi, anzi anni di tentativi e fogli  accartocciati nel cestino, ma alla fine l’ispirazione è arrivata per caso: l’estate scorsa in una pineta toscana mentre un anziano fischiettava giocando a carte col nipote. Dopo il primo lockdown vedere quello squarcio di normalità, nel buio di una situazione ancora irrisolta, mi ha trasmesso la voglia di scrivere di tutti quei “poi vorrei” diventati virali in rete proprio nei mesi di chiusura forzata. ”Angolo di Paradiso” nasce dai miei “poi vorrei”: dal desiderio di partire per un viaggio, a quello di giocare sui campi di basket di Santa Monica, a quelli di un tramonto con la ragazza ideale, di una birra e di una foto folle come ricordo. In quel momento avevo finalmente un sentimento da raccontare e tutte le frasi senza senso scritte negli anni  si sono cucite insieme e hanno guadagnato significato. Una volta presa la chitarra e abbozzato un semplice giro d’accordi ho ripensato a quel fischiettare spensierato e il pezzo si è scritto da solo, praticamente di getto.

Mio nonno, quando ero  piccolo, mi ripeteva spesso, quasi come un mantra, il detto “aiutati che il ciel ti aiuta”. Quindi quando un giorno, dopo mesi di ricerche inconcludenti, tra i profili suggeriti di instagram ho trovato uno studio di registrazione a una manciata di chilometri dal mio paese, non ho potuto far altro che ammettere che mio nonno aveva ragione.

Per passare da una canzone canticchiata in riva al mare a un brano da distribuire sulle varie piattaforme musicali mi serviva un lavoro di produzione serio e professionale. Trovare lo Stable Studio e due ragazzi giovani e disponibili come Giulia Dagani e Diego Barborini è stata la miglior cosa che potesse capitarmi. Certo, la produzione non è uno sbocco obbligatorio. Trattandosi di esporsi con parole e sentimenti c’è chi preferisce tenere i propri pezzi per sé, e lo capisco, ma per un ragazzo come me, cresciuto “a pane, basket e buona musica”, il sogno più grande (dopo quello di diventare il nuovo Michael Jordan), non poteva che essere quello di incidere un proprio brano come “i grandi”. Inoltreè stata anche una sorta di prova personale: ho compiuto 18 anni qualche mese fa, volevo dimostrare a me stesso di saper concludere qualcosa di importante con le mie mani, e così ho fatto! Sono andato avanti a cercare anche quando non trovavo la strada giusta, qualche volta fantasticando un po’ troppo, ma alla fine ho centrato il risultato ed è quello che conta.

La prima volta in studio l’ho vissuta come quei bambini che entrano per la prima volta in un negozio di caramelle: mi guardavo intorno spaesato e ridevo elettrizzato per ogni minima cosa. Innanzitutto abbiamo registrato un provino: una traccia audio di prova chitarra e voce, l’ossatura intorno alla quale Diego, poi, ha creato tutta la parte strumentale con l’aiuto di grandissimi musicisti come Mattia Tedesco, Armando Cocchi e Roberto Galli. In un secondo incontro ho registrato la voce definitiva e i cori. Il momento più emozionante è stato quello in cui Giulia ha chiuso la porta della sala d’incisione e mi sono trovato, per la prima volta, solo davanti al microfono, in una stanza inondata da una luce soffusa che creava un’atmosfera quasi poetica.

Una volta pronto il brano, affinché il messaggio di speranza con cui “Angolo di Paradiso” é nata arrivasse a tutti in modo ancora più forte, ho deciso di mettere la ciliegina sulla torta e accompagnare il mio percorso con un videoclip. Ho conosciuto Luca Catullo, in arte Bazoo, tramite lo Studio e conoscenze di famiglia. Ci siamo incontrati sul suo van, praticamente una postazione di lavoro mobile, proprio nel parcheggio del seminario ed è lì che è nato tutto. Mi ha travolto con una serie di idee che, lì per lì, mi son sembrate folli, ma che col senno di poi si son rivelate il perfetto racconto del brano.

Quando tutto è iniziato, qualche mese fa in una pineta vicino a Livorno, non avrei mai pensato che mi sarei ritrovato a scrivere un articolo come questo. Amo la musica da sempre perché, come direbbe Schopenhauer,  “è un’arte sublime e meravigliosa di efficacia così grande sui sentimenti più intimi dell’uomo” ma, anche e soprattutto, perché unisce le persone meglio di ogni altra cosa. Come Giulia mi ripete spesso, la parte più bella della musica è di poterla condividere con altre persone. Anche perché, a pensarci bene, sono proprio i legami che rendono tutto più speciale in questa vita e spero, molto umilmente, che le mie canzoni possano riuscire, un giorno, a crearli e a raccontarli.

Questa è la storia della mia prima canzone, ma è una storia solo all’inizio…

 

Be the first to comment on "Diario di una canzone"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*


Subscribe By Email

This form is protected by reCAPTCHA and the Google Privacy Policy and Terms of Service apply.

Vai alla barra degli strumenti