“Giornalisti molesti”

di UMBERTO SACCO (4a Classico) – Ero alla fermata sotto casa alle 6,45 di mattina, aspettavo il bus come sempre e intanto scorrevo le storie di Instagram, a un certo punto lessi: “Coronavirus, a Codogno il primo caso in Italia”. Sul momento non sapevo cosa pensare, cercai subito conferme sui vari giornali online, non ci credevo…nella mia città, nell’ospedale di fronte a casa mia era ricoverato il primo contagiato sul suolo italiano.

Arrivò il pullman. Durante il viaggio parlai con un amico, nessuno di noi sapeva cosa sarebbe successo ed eravamo quasi divertiti da questa notorietà per la nostra cittadina. A scuola passai una giornata come le altre, salutai i miei compagni come al solito e la mia ragazza corse via perché non voleva far aspettare il cugino che era venuto a prenderla: “Tanto ci rivedremo domani”, pensai.

Quel pomeriggio dovevo fermarmi a casa di un mio compagno di classe di Cremona per una ricerca. Iniziavano le notizie sull’isolamento della città e vidi cambiare il mio amico: non voleva che stessi troppo vicino e nemmeno che buttassi i fazzoletti nella sua pattumiera. Anche la mia ragazza mi scrisse che avrebbe preferito evitare i contatti per un po’, mentre gli altri amici di Codogno che studiano fuori città mi chiamavano per dirmi che anche con loro la gente iniziava a comportarsi in modo strano.

Ero disorientato. Mi sentivo emarginato senza motivo. Non capivo le loro ragioni.

Mia madre venne a prendermi prima perché aveva sentito che avevano intenzione di chiudere la città. Mi sembrava tutto così assurdo…ma nel giro di un giorno eravamo isolati: i treni non si fermavano più e le macchine venivano mandate indietro dai posti di blocco dei Carabinieri. Io però non ero spaventato, pensavo che si sarebbe risolto tutto nel giro di un paio di settimane massimo. I giorni seguenti uscii comunque di casa per allenarmi e parlare con i miei amici e il mercoledì seguente ci venne un’idea per passare il tempo: fare i giornalisti. Quel giorno infatti guardammo un video del mio vicino che intervistava sua moglie fingendo di non conoscerla…potevamo farlo anche noi! Aprimmo una pagina Instagram dove caricavamo interviste ai passanti e ai nostri amici…del resto i giornalisti “veri” non potevano più entrare nella Zona Rossa.

Ci chiamavamo “giornalisti molesti” perché cercavamo di sdrammatizzare la situazione con gag o battute ironiche: io intervistavo, un mio amico montava i video e gli altri ci davano una mano. Sfruttando la recente fama del nostro piccolo paese, in una settimana registrammo migliaia di visite al profilo e centinaia di visualizzazioni a storie e video. Avevamo tante idee, ma mi dovetti fermare dopo la morte della mia bis nonna a causa del virus.

La persi in poco tempo.

Da lì iniziai a capire il reale impatto del virus. Dopo quasi un mese che per sicurezza avevamo evitato i contatti, senza neanche aver elaborato la cosa, sentii i miei nonni e i miei pro zii, sempre stati vicino alla mia bis nonna, a rischio, anche se per fortuna manifestano solo la febbre.

Dopo pochi giorni la Zona Rossa venne estesa a tutta Italia e mentre scrivo si pensa di prolungarla fino al 6 maggio. Non si può più uscire di casa, abbiamo interrotto l’attività della pagina e ora sono qui in casa mia ad attendere, solo con la mia famiglia, anche se ora sento tutti più vicini e mi spiace che ci sia voluto un virus del genere per unirci tutti quando non gioca la Nazionale.

Ora spero solo di tornare alla normalità.

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