Non è facile, ma niente lo è mai stato

di IRENE SALI (3Alis) – Il primo sentimento di un adolescente nei confronti della quarantena è il rifiuto, il senso di oppressione e prigionia. Sì, siamo esagerati e anche tanto, ma siamo alle prime armi con la vita, non abbiamo ancora capito che il mondo non gira intorno a noi quindi, mi dispiace, ma questi saranno i pensieri incasinati dell’adolescente esagerata che io sono.

Mi manca uscire, ascoltare la musica mentre cammino per le vie di Cremona, andare a danza, tenere quelle pesti dei miei nipoti. Mi manca vivere libera come piace a me.

Se era davvero vivere in realtà non lo so, però è quello a cui ero abituata e non mi dispiaceva. Anche se ovviamente mi lamentavo lo stesso.

A me piace stare da sola, fare le mie cose senza nessuno che mi dia fastidio e devo dire che avere una sorella, due fratelli e i genitori sempre in mezzo non è facile. Certo, loro c’erano anche quando non eravamo in quarantena, però ognuno aveva i suoi impegni e ci si vedeva solo a cena o magari un paio d’ore durante il giorno: momenti in cui io scappavo a casa di un’altra sorella che è praticamente la mia migliore amica.

Ecco sì, ecco cosa mi manca, la mia sorellona…In famiglia siamo in tanti, è difficile specificare quale, ma lei è la prima della lunga serie e sa che mi riferisco a lei.

Prima di questa epidemia io andavo a trovarla tutti i giorni. Mi preparava i miei biscotti preferiti e mentre le tenevo un po’ il bambino per farla riposare chiacchieravamo di qualsiasi cosa: era il momento migliore della giornata e non vedo l’ora di poter tornare a quella normalità.

In questo periodo la parte migliore di me ritiene che la quarantena sia un’occasione per passare del vero tempo con la mia famiglia, ma il mio cinismo odia questo pensiero e quando prevale questo sentimento mi rifugio in Netflix e diventa un po’ più facile chiudermi nel mio mondo.

Poi improvvisamente ricordo che esistono situazioni peggiori, che ci sono persone che stanno soffrendo realmente a causa di questo Coronavirus, quindi in fondo penso che stare con la mia famiglia e fare la persona normale invece dell’adolescente-tipo, isterica e insopportabile, sia un compito che posso portare avanti con successo se mi impegno.

Sì, perché succede, a volte succede, che arrivi qualcosa che ti mette con le spalle al muro, che ti obbliga a crescere, che ti insegna a guardare oltre te stesso e apprezzare ciò che hai.

Questo virus ha fatto e sta facendo così con me: mi ha fatto comprendere che la vita di cui mi lamentavo tanto non era niente male, che i giochi da tavolo dimenticati da tempo sono più divertenti di un film su Netflix e che, anche se è difficile da ammettere, studiare non mi dispiace (esatto, ho iniziato anche a studiare da quanto mi annoio). Questi giorni sono stati complicati e lo saranno anche i prossimi, ma ho scoperto che i miei coinquilini, quelli che ogni tanto chiamo mamma e papà, sanno essere anche simpatici in qualche occasione.

La gente sta impazzendo, i politici non aiutano e gli ignoranti esistono e non smetteranno di esistere a causa di un virus. Bisogna placare gli animi e collegare di più i cervelli, che confido davvero ci siano.

È un periodo in cui tutti devono fare dei sacrifici: c’è chi ne deve fare più consistenti e chi meno, ma ognuno ha il suo. Non è facile, ma niente lo è mai stato.

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