La donna è in festa (non solo l’8 marzo)

di ANNA CECCHINI – Solitamente la data dell’8 marzo è indicata come la “Giornata Internazionale della donna” ma, a mio avviso, ogni giorno dell’anno è papabile per ricordare il duro cammino di tutte le donne nella storia e la loro faticosa ascesa, anche nel percorso di vita odierno.

Perché la donna?

Pierre Bonnard, Laboratorio con mimosa (1935)

Perché essere donna non vuol dire “essere danno”, come un tempo, per credenza o per battuta, si soleva dire… Essere donna ha un significato profondo. Il gentil sesso non è più solo “custode del focolare domestico”, ma ha una vita propria, delle passioni, dei sentimenti, delle abilità da spendere nella società con possibilità di scelte. Esistono tuttavia delle amare realtà, ancor oggi, di donne totalmente sottomesse all’entità maschile, private del bene più prezioso, la libertà. Ciò può essere motivato da scelte consapevoli, dalla cultura d’origine o dalla violenza maschile come stile di vita. E questa realtà, non lontana da noi, ci porta a riflettere.

La donna, soprattutto quella occidentale, benchè emancipata difficilmente riuscirà a raggiungere la parità dei sessi, nel senso più profondo del termine, proprio per una cultura consolidata ed anche per le molteplici mansioni in cui si trova a competere nel quotidiano. La storia ci parla di lente conquiste delle donne lavoratrici, madri, mogli… ma ciò non basta, in quanto spesso si acquisiscono diritti, senza preoccuparsi della dignità e del rispetto della persona in quanto tale. Ogni giorno i media ci presentano, per motivazioni diverse, fatti che attestano quanto affermato: stupri, uccisioni, deturpazioni alla bellezza estetica e tanto altro.

Perché tutto ciò accade con sempre maggiore frequenza?

Una vera risposta, secondo me, non si può dare con sicurezza, si possono fare ipotesi molto diversificate:  gelosia nell’ambito di vita o lavorativo, desiderio di egoistico possesso, consapevolezza da parte del maschio di non poter competere in determinate situazioni di scelta, e molto di più di quello che si possa dire…

Artemisia Gentileschi, Giuditta e la sua ancella (1618-1619, olio su tela, Firenze)

Le donne, in parte forse per la loro natura, non saranno mai veramente “libere” di agire nel mondo, sebbene il loro impegno nella società sia palese, ma non sempre riconosciuto ed adeguatamente gratificato. Le donne si impegnano con coraggio nel sociale, donano speranza, conforto, amore incondizionato, sacrificio, ed è risaputo che possono interagire, contemporaneamente, in molteplici attività. Non dimentichiamo, nel privato, la loro presenza silenziosa ed operosa, che non conosce tempo o fatica…

E che dire sull’amore più profondo che è quello di accettare e dare la vita? Potrebbe essere scontato questo fatto, ma non lo è per niente perché è il più grande gesto d’amore, sia per le madri naturali, sia per le virtuali come me.

Quindi non serve ricordare la donna solo nel giorno istituzionalmente preposto, con un mazzo di mimose, ma basterebbe stimarla, capirla e, perché no, coccolarla nella quotidianità. L’intelligenza, la creatività, l’eleganza ed il buon gusto, la particolarità, sono doti che, se utilizzate in cooperazione con l’altro sesso, possono costruire grandi cose, in equilibrio e serenità progettuale. Anche il fiore della mimosa rende omaggio alla grazia ed alla forza femminile sebbene oggi sia diventato un business dei consumi! Un tempo questo piccolo fiore giallo, quasi insignificante, venne infatti scelto come simbolo per commemorare le operaie morte durante un incendio nella fabbrica di New York in cui lavoravano. Il triste episodio avvenne proprio l’8 marzo del 1908. Secondo me questo fiore è un simbolo imperituro, non solo per quanto sopra affermato, ma perché, anche se reciso, può perdere la brillantezza cromatica o il volume soffice ma non muore, avvizzisce, conservando la tenacia proprio come la donna. Nonostante ciò, nello scorrere dei giorni, il fiore manifesta sempre un “bel vedere estetico” perché il colore giallo è simbolo di vita, calore e luminosità.

Nel cammino artistico, sebbene spesso siano oscurate dal sesso maschile, in quanto prioritario almeno nel passato, si menzionano grandi donne non solo per la versatilità in questo ambito, ma soprattutto per la tenacia e la difficoltà nel trovare la giusta dimensione di vita. È un’onda di nomi che travolge: Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana, Artemisia Gentileschi, Rosalba Carriera, Natalia Goncharova, Berthe Moriseau, Frida Kalho, Tamara de Lempicka, Peggy Guggenheim, Marina Abramovic…e tantissime altre. Anche nell’arte la vita è stata difficile per le donne poiché, per molto tempo, come sopra citato, il monopolio della pittura e della cultura in generale, sono stati nelle mani del sesso maschile.

I manuali di Storia dell’Arte ed i testi critici erano per lo più scritti da uomini!

Natalia Goncharova, The Cyclist (1913, The Russian Museum, St.Petersburg)

Tuttavia la Storia dell’Arte è stata dipinta anche da artiste donne, per lo più autodidatte in quanto, almeno nella fase iniziale della loro carriera, era impedita la frequentazione accademica per apprendere l’arte del Disegno. Questo ed altro erano limiti invalicabili per una donna che volesse intraprendere o camminare sulla via artistica. Il fardello dell’essere donna fu assai pesante in ogni epoca storica! Le conseguenze delle scelte femminili erano ieri come oggi: violenza sessuale, emarginazione sociale, una vita di stenti e soprusi e spesso la subdola depressione.

Ognuna di queste donne- artiste ha affrontato sfide, ha superato ostacoli, ha lottato “con le unghie e con i denti”, con perseveranza per poter lasciare delle testimonianze e dei segni tangibili nell’Arte. I lavori dell’Arte femminile hanno sempre una grande impronta emotiva, derivante dalla molteplicità delle esperienze di vita e dalla diversa sensibilità interiore. Particolari, sia nella pittura che nelle performance, sono il riscontro descrittivo degli oggetti, degli spazi e delle figure indipendentemente dalla tematica trattata.

Tamara de Lempicka, Autoritratto nella Bugatti verde (1932)

Spesso queste artiste utilizzavano il dialogo luminoso per creare sui dipinti effetti delicatissimi, di incomparabile bellezza, proprio come eterne carezze all’osservatore di tutti i tempi… Per questo alcune di esse venivano accusate di non essere le vere autrici, veniva loro contestata l’autenticità delle opere autografe, con la motivazione di essere state solo firmate ma, in realtà, eseguite manualmente da uomini! Era , al tempo, inconcepibile che la bellezza di un’artista femminile potesse convivere con il talento manifestato attraverso la pittura! Il tratto tecnico e delicato delle mani femminili rende un quadro, anche il più duro, come un sogno perché permette di spaziare , di inseguire quelle chimere, chiamate desideri, anche le più recondite. Senza alcune donne, non solo in ambito artistico, molte avanguardie sarebbero morte prima ancora di nascere!

Alcuni nomi, che ben conosciamo, hanno definito figure femminili molto influenti nell’ambito mondiale della Medicina, della Ricerca, della Fisica, della Filosofia, dello Sport, della Musica, della Letteratura ed in qualsiasi ambito del Sapere e del Saper fare. È uno stile unico e diverso quello che contraddistingue la donna artista perché ogni donna fa di un quadro la sua Performance. In buona sostanza per emergere in un ambiente fortemente ostile, le donne, oltre ad avere un grande talento artistico, dovevano dimostrare anche una forte personalità, dovevano essere impavide, proseguendo con tenacia per poter raggiungere, almeno in parte, l’obiettivo dell’emancipazione ed indipendenza che, ancor oggi le caratterizza.

APPROFONDIRE, CAPIRE E FARSI UN’IDEA

La vita, i tormenti e le passioni di Frida Kahlo

 

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